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Produzione: CIRCO CALUMET
Progetto artistico e adattamento teatrale: Simone Dulcis
con: Lea Karen Gramsdorff, Andrea Meloni, Elisabetta Piras
Opere fotografiche: Stefano Fanni
Coreografie: Elisabetta Piras
Scenografie: Giampaolo Cossu
Costumi: Rosa Pinna
Regia: Andrea Meloni e Lea Karen Gramsdorff
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Autoritratto in faccia al sole |
Genere: teatro contemporaneo Pubblico: adulti NOTE DI REGIA Lo spettacolo "Autoritratto in faccia al sole" è un adattamento teatrale delle "Lettere al fratello Theo", scritte da Vincent van Gogh e destinate all'amato congiunto. Esso vuole essere un omaggio all'artista olandese di cui si intende divulgare l'universo umano e artistico meno conosciuto e che riguarda la sua sensibilità verso l'amore, l'amicizia e la natura. "Autoritratto in faccia al sole" racconta di un pittore dei nostri giorni che nella solitudine del suo studio è impegnato a leggere il libro delle lettere di Vincent van Gogh. Durante la lettura il pittore, coinvolto emotivamente da argomenti che riguardano la condizione universale dell'artista, viene visitato da tre figure immaginarie, personificazioni di tre fattori ricorrenti nell'esistenza adulta di van Gogh: la fede, la malattia mentale e la mancanza degli affetti. Lo spettacolo mette in particolare rilievo il rapporto di Vincent van Gogh con la fede, che nella sua tormentata vita si traduce in un'appassionata contemplazione dei campi di grano assolati, o dei cieli notturni stellati, in cui egli riconosce la catalizzante manifestazione del divino. In "Autoritratto in faccia al sole" la manifestazione autolesionistica della sua patologia e l'episodio estremo del suicidio non trovano spazio, perché dell'artista si è preferito trasmettere la sostanziale fame di vita, le qualità di lucido filosofo e di sensibile poeta, aspetti della sua personalità pieni di luce, riscontrabili in molti passaggi delle sue lettere, ma troppo spesso oscurati dall'immagine preconcetta dell'artista folle e maledetto. La selezione delle lettere che compongono il testo di scena contiene i passaggi più significativi dell'intera corrispondenza intercorsa tra Vincent e Theo con particolare riferimento al periodo compreso tra il gennaio del 1889 e il luglio del 1890 (ultimo scorcio di vita dell'artista), ossia poco tempo dopo l'avvenimento di un fatto drammatico (che rappresenta storicamente anche il momento in cui la salute del protagonista comincia a subire un'irreversibile trasformazione): Vincent in seguito ad un litigio con Paul Gauguin si è mozzato il lobo dell'orecchio. Il testo dello spettacolo comincia proprio dalle parole che Vincent scrisse a Theo al ritorno dal primo ricovero in ospedale. |
NOTE DEL CURATORE DELLA RIDUZIONE TEATRALE Leggendo e rileggendo le "Lettere a Theo", che Vincent ha scritto al fratello nell'arco degli ultimi diciotto anni di vita, sono rimasto particolarmente colpito dal suo "sempre vivo" rapporto con la fede, un rapporto costante, spesso controverso, ma che, come un faro, è stato un punto di riferimento nell'intero vissuto dell'artista olandese. La sua fede, di matrice cristiana, che durante il corso degli ultimi dieci anni di vita si concentra sulla contemplazione e rappresentazione della natura come manifestazione divina, lo ha guidato verso una visione costruttiva dell'esistenza anche negli ultimi due anni di vita, ossia quando la sua patologia mentale aveva toccato i momenti più critici. Una fede mai doma la sua, intaccata nella mente ma intatta nello spirito. Delle sue lettere ho desiderato realizzare un adattamento teatrale che presentasse la figura di van Gogh, o meglio di Vincent, non più come emblema dell'artista maledetto, pazzo e suicida, ma come esempio di uomo e di artista che non ha mai smesso di credere nella sua missione; quella di dipingere e di migliorarsi. A ben guardare, a ben leggere le parole dello stesso Vincent si evince quanto egli fosse proiettato verso la luce. Nonostante il triste epilogo della sua tormentata esistenza, credo di non sbagliare nell'affermare che egli fino all'ultimo momento si sia rivolto alla sua insaziabile brama di vivere; un vivere che si è fuso giorno dopo giorno con l'atto del dipingere, con l'urgenza di testimoniare, con il cercare disperatamente risposte al tumulto delle proprie emozioni e dei sentimenti. Lasciandomi condurre dalla poesia e dalla lucidità delle parole di Vincent mi è venuto naturale rappresentare la sua figura, non in chiave realistica, ma attraverso tre figure simboliche: La fede, figura maschile "ebbra di luce", forte e pacata insieme. La malattia, figura femminile con una fisicità in continua trasformazione che richiama le fasi di sviluppo della farfalla. La privazione, altra figura femminile, seducente, cruda incarnazione della mancanza degli affetti.
Simone Dulcis |
DATE PREVISTE PER IL DEBUTTO:
#Cagliari, 28,29,30 novembre 2008, al Teatro Alkestis, nell'ambito della rassegna "Teatri dal Margine". #Macomer, 13 dicembre 2008, nell'ambito della seconda edizione di "Un'isola in Festival" # Alghero, 10 luglio 2009, Teatro Torre della Maddalena, nell'ambito della X edizione della rassegna "Isolaementi"
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